giovedì 18 marzo 2010

Polesine: i tanti buchi della sanità

pubblicato su www.estnord.it

Debiti per decine di milioni, esternalizzazioni in crescita, tagli al personale con l’accetta. Se le Ulss fossero davvero aziende, sarebbero già fallite. Ma sono un caso speciale anche tra gli enti pubblici. Ben pochi, infatti, possono permettersi di accumulare passivi milionari senza provocare un polverone politico.
E’ esemplare il caso delle due Ulss polesane, da anni al centro di tentativi di accorpamento, puntualmente respinti dalla classe politica locale. E’ soprattutto l’Ulss 18, che copre il medio e alto Polesine, dal capoluogo ai confini con Mantova e Verona, a mostrare i segni più allarmanti di una sanità sempre meno pubblica e sempre più privata.

Di recente la Corte dei Conti ha fatto le pulci ai bilanci delle aziende sanitarie venete, assegnando proprio all’Ulss 18 di Rovigo e alla 19 di Adria il primato dei costi più esorbitanti per l’assistenza sanitaria. Nel 2008, rileva la Corte, l’Ulss rodigina ha speso per ogni assistito 2.219 euro, mentre nell’azienda bassopolesana la spesa è stata di 2.048 euro pro capite. Una spesa ben più alta della media veneta. Dove vanno a finire tutti questi soldi? Secondo il rapporto il 10% serve per l’acquisto di beni e il 26% per il personale, ma a gonfiare i costi è la spesa per l’affidamento ai privati convenzionati, pari al 54% nel capoluogo e addirittura al 69% ad Adria. Per capire qual è lo scarto tra i pazienti polesani e gli altri abitanti del Veneto, basti considerare che a livello regionale ogni cittadino «paga» 61 euro per le prestazioni specialistiche private, mentre a Rovigo questo costo sale a 123 euro, ad Adria ben 135 euro.
Ovviamente in bilanci di entrambe le aziende sanitarie sono spaventosamente in rosso. Nel 2008 l’Ulss 18 ha perso 45 milioni 336 mila euro, circa centomila euro in più rispetto all’anno precedente, quasi tre milioni in più rispetto al 2006. Il record, però, risale al 2005: oltre 51 milioni di euro di buco. Il bilancio di previsione 2009 promette un nuovo traguardo: 54 milioni di euro in passivo. Non va bene nemmeno all’Ulss 19, che copre il territorio di Adria e del Delta del Po. Dal 2005 al 2008 il deficit complessivo è poco al di sotto dei 35 milioni di euro, anche in questo caso con il picco storico nel 2005, oltre 11 milioni di euro. Nei due anni successivi, va detto, l’azienda era riuscita a contenere le perdite, che nel 2007 erano di «soli» quattro milioni di euro. Ma nel 2008 l’indebitamento è tornato a crescere, addirittura raddoppiando, fino a otto milioni e mezzo.
Con le casse vuote, la prima strategia delle Ulss è tagliare sul personale. Nel gennaio 2009 lo stesso direttore generale dell’Ulss 18, Adriano Marcolongo, che in questi anni ha pure avviato un imponente restyling dell’ospedale rodigino, confermava in un decreto le carenze di personale, da anni lamentate dai sindacati. Si tratta di 147 unità in meno rispetto al necessario, equivalenti, in termini di ore, a 222 dipendenti, tra cui 64 medici, 90 tra infermieri e tecnici sanitari, 27 tecnici di altro tipo. Questione di voci di bilancio: non ci sono i soldi per il personale, mentre si trovano per gli enormi investimenti economici di questi anni per riorganizzare il «Santa Maria della Misericordia», per l’acquisto di innovative attrezzature diagnostiche o per l’informatizzazione dei servizi. In compenso, chi ha avuto la sfortuna di rivolgersi al Pronto Soccorso rodigino almeno una volta, conosce i tempi di attesa interminabili per i «codici bianchi», cioè i meno urgenti. I dati ufficiali dell’Ulss, stimano l’attesa media di questi casi in un’ora e mezza al massimo, ma chiunque abbia provato l’esperienza sa bene quante volte capiti di attendere sette, otto o anche dieci ore. Comunque sia, sempre meglio di ciò che accade a Trecenta, il plesso ospedaliero di riferimento dei comuni altopolesani, dove alcuni ambulatori chiudono dopo le cinque di sera. Tra questi, cardiologia e ortopedia. In caso di urgenza dopo le cinque, insomma, bisogna rivolgersi al Pronto Soccorso del capoluogo, a oltre trenta chilometri di distanza.
Non è certo il personale a divorare le risorse economiche dell’Ulss, come conferma la Corte dei Conti. Allora da dove viene il deficit? Una chiave di lettura si ha dai dati sulle esternalizzazioni. Sempre nel bilancio di previsione 2009, l’Ulss 18 mette in conto di erogare ai privati convenzionati circa 41 milioni 725 mila euro. Nel 2002 questa cifra si aggirava intorno ai 14 milioni di euro, ma solo cinque anni dopo, nel 2007, era lievitata del 300%, superando i 41 milioni 300 mila euro. In altre parole, cresce l’indebitamento dell’azienda, ma i privati fanno affari d’oro. Intanto le difficoltà del pubblico provocano tagli al personale, così per garantire i servizi si ricorre sempre di più ai privati convenzionati, che sono in grado di garantire tempi di attesa brevissimi, a differenza delle strutture pubbliche. Un circolo vizioso.
Stupisce il silenzio della politica. Qualche anno fa bastarono, ad esempio, 700 mila euro di passivo del polo fieristico rodigino, in mano al centrosinistra, per fare insorgere il centrodestra contro la cattiva gestione dell’ente. Specularmente, bastavano i conti in rosso per cifre analoghe della società Interporto, lottizzata dal centrodestra, per provocare critiche dal centrosinistra. Le Ulss, invece, che pure funzionano con soldi pubblici e offrono un servizio ben più vicino ai bisogni dei cittadini, accumulano debiti milionari senza provocare alcun sussulto. A dire la verità, gli unici a denunciare da anni la gestione della Sanità pubblica sono i partiti della sinistra radicale, a cominciare da Rifondazione Comunista. Testimonial di questa lunga campagna sulla sanità è senza dubbio l’attuale vicepresidente della Provincia, Guglielmo Brusco. «La domanda da porsi - spiega - è questa: se il pubblico gestisse da sé i servizi che oggi esternalizza, pagherebbe di più o di meno?». Al secondo mandato con delega alla Sanità, pur senza competenze in capo, Brusco rievoca quanto accaduto a Castelmassa, comune sulle rive del Po, in cui la gestione privata di fisioterapia è venuta a costare 40 mila euro al mese per due fisioterapisti e un medico fisiatra. «Con quella cifra - sostiene - si potevano assumere sedici fisioterapisti e fare otto volte il fatturato». Un caso che il numero due della Provincia ha segnalato alla Corte dei Conti, che ha già aperto un fascicolo. Brusco parla senza mezzi termini di «privatizzazione lunga, metodica e strisciante del servizio pubblico», di cui la gente praticamente non si accorge, salvo per lo scadimento qualitativo di alcuni servizi. A chi giova che le cose siano gestite in questo modo? Senza carte alla mano, Brusco non si sbilancia. «Però chiediamolo: siamo nel giusto oppure no? E’ incapacità o qualcuno di guadagna?»
Di certo la sanità fa gola a tutti i partiti politici. E’ un segreto di Pulcinella che i direttori generali siano in «lottizzati», più che assunti solo per merito. A certificarlo con linguaggio spontaneo è stato di recente il segretario provinciale del Carroccio, Antonello Contiero, candidato nel listino di Zaia. «Giuseppe Dal Ben (il direttore generale dell’Ulss 19, ndr.) è della Lega - dichiara il leader leghista al Gazzettino - Con Zaia non ci saranno più solo quelli del Pdl, come voleva Galan». I direttori ricambiano il favore? Così pare, a leggere una relazione del 2006 dell’ispettore ministeriale Alberto Luccone. Tra le irregolarità, sono almeno due gli incarichi in odore di politica: uno riguarda a nomina a dirigente del luglio 2005, per coordinare gli aiuti al sud est asiatico colpito dallo Tsunami, sulle cui motivazioni l’ispettore si limita a rilevare solo l’impossibilità di avere una spiegazione dall’amministrazione: «La cosa - scrive - è apparsa non nominabile, come sottoposta a divieto, praticamente un tabù. L’unica cosa certa venuta a galla - conclude - è che il dirigente è componente del consiglio e della giunta del Comune di Rovigo, il termine del comando di 12 mesi va a coincidere con la scadenza del mandato politico». 

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