sabato 25 settembre 2010

Clandestino Day: diario confusionario

foto rubata a Sante l'edicolante via facebook
A Ceneselli probabilmente non si era mai visto un simile schieramento di forze. Camionette della polizia e dei carabinieri presidiano la piazza fin dal tardo pomeriggio. Al bar si comincia a parlare di una manifestazione a Rovigo, contro il Centro identificazione ed espulsione (Cie) che vogliono costruire a quattro chilometri da lì, nell'ex base militare di Zelo. A sentire le voci che girano, nel capoluogo polesano a 45 chilometri di distanza, ci sono tafferugli, scontri, una decina di feriti. E' il solito refrain di un'Italia in preda alla paura.
Tutt'altra aria si respira a Rovigo. E' vero, la città è blindata, con camionette dappertutto, agenti ovunque, i bidoni della spazzatura sigillati, telecamere nascoste tra le impalcature vicino a piazza Matteotti, dove è previsto il sit in del Coordinamento No Cie, a cui sono attesi amici dalle altre province del Veneto. Qualche centinaio di persone si sono auto organizzate in poche settimane per fare del secondo Clandestino Day la prima giornata di protesta contro il Cie di Zelo, contro tutti i Cie e contro politiche razziste che imprigionano, sfruttano e abusano persone innocenti. Arrivano a rate da Venezia, da Padova, da Verona.

Ma a dispetto dello spiegamento per la sicurezza, la piazza è pacifica e quanto mai variegata. Prendono il microfono don Albino Bizzotto dei Beati costruttori di Pace e Nicola Grigion di Melting Pot Europa, i rappresentanti delle associazioni che hanno dato vita al coordinamento. Intervengono pure le autorità (la Provincia ha dato il patrocinio) e la giornalista Milena Furini legge una cruda testimonianza dal Cie di Gradisca. Il direttore di Biancoenero, Roberto Costa, rievoca l'indifferenza dei contadini di Treblinka che continuavano a lavorare la terra mentre a pochi metri di distanza le persone sparivano nei forni crematori e il coraggio del re di Danimarca, che invece si appese la stella di David al petto come gli ebrei perseguitati. L'assessore comunale all'immigrazione, Giovanna Pineda, lancia un appello per Faith Awiwo, la donna nigeriana espulsa dopo avere denunciato le violenze del compagno, rimandata in Nigeria, dove la attende una condanna a morte. Chi si attendeva la calata degli Unni, si trova davanti una manifestazione composta, ragionata, fin troppo educata nei toni. Si scoprirà solo verso sera che in quelle stesse ore in città c'era proprio il ministro Roberto Maroni, di passaggio per raggiungere la festa leghista di Lendinara. Per una coincidenza significativa, il Clandestino Day rovina la passeggiata in città dell'autore dell'orribile pacchetto sicurezza che criminalizza gli irregolari, quello che rivendica la prassi di prendere a mitragliate le barche dei migranti. Verso le sei i manifestanti formano un corteo e percorrono corso del Popolo. Per evitare Maroni, vengono spediti per vie secondarie. Saranno tre o quattrocento persone. Secondo la questura, duecento. Secondo qualche giornale, cento. Per la quieta Rovigo è una festa. Per quelli del coordinamento, che un mese fa nemmeno sapevano di essere un coordinamento, è il segnale che qualcosa ha iniziato a mettersi in cammino.

Il ministro Maroni incrocerà i No Cie di nuovo mezzora dopo, alla partenza della carovana per Ceneselli. La sua auto è costretta a superare le decine di macchine con il logo "No Cie" che si incolonnano sulla statale per Lendinara, con obiettivo Zelo. Raggiungono la base militare che è già buio e comincia a piovere. Scendono solo alcuni, per attaccare sui cancelli della vecchia area missilistica lo striscione del corteo: "No Cie, No Lager". Non c'è spazio per fermarsi tutti, si forma un'immensa coda che per qualche decina di minuti paralizza la desolata strada tra le campagne dell'alto Polesine. Anche questa non si era mai vista.

Poi tutti a Ceneselli, per chiudere la giornata con "Apriti Cie", un dibattito aperto ai cittadini sulle politiche dell'immigrazione. Lo ospita generosamente la sala consiliare del Comune, governato dal centrodestra. Un paradosso, anche se il sindaco Marco Trombini (ex An, oggi finiano), che da anni vince con percentuali bulgare in un comune tradizionalmente "rosso", sulla vicenda di Zelo è stato l'unica voce nel centrodestra a dire "no" non solo al progetto locale, ma anche ai Cie in generale, affermando a più riprese che "vanno quanto meno ripensati". Il tema del dibattito è netto e non c'è spazio per distinguo: "No ai Cie, nè a Zelo, nè altrove". Ne parlano Andrea Bellavite, della comunità Arcobaleno di Gorizia, Livio Ferrari, garante delle persone private della libertà, e di nuovo Nicola Grigion e don Albino. Li ascolta un centinaio di persone, stipate in un caldo torrido dentro e fuori la minuscola sala del Comune di 1.800 abitanti. Bellavite ricorda la prima visita al Cpt di Gradisca ("sembravano le gabbie dei leoni in fila in un circo"), don Albino va subito al cuore dell'ingiustizia del pacchetto sicurezza, ricordando che "chi non delinque, non può essere imprigionato. Se finisce la cassa integrazione, la clandestinità in Italia aumenterà. Ma dietro non c'è nessun reato. Impieghiamo i soldi che spendiamo per la repressione, per sanare l'irregolarità".

Non è stato difficile trovare qualcuno che parlasse. Sono stati gli stessi relatori a proporsi, così il programma è venuto da sè. Ferrari è tra quelli che hanno chiamato per dire "ci sono" e sono stati accolti a braccia aperte. "C'è chi di fronte a un Cie, come per la centrale a carbone di Polesine Camerini, già pensa alle contropartite economiche, come se non stessimo parlando di persone", denuncia il garante dei detenuti, che ricorda a chi usa la paura per governare le menti, che "la maggior parte dei reati avviene in casa, ad opera di italiani. Ma ci dicono che le strade non sono sicure". E ancora: "E' dove lo stato manca, in quartieri di cinquantamila abitanti senza nemmeno un'edicola, che nasce la criminalità e l'insicurezza". Grigion chiude con un necessario rilancio: "Non so se riusciremo a fermare il Cie, ma questa è una grande occasione per ricostruire un dibattito a livello sociale, tra persone che si mettono in gioco con coraggio. Dimostriamo che il Veneto non è quello della Lega Nord, ma una terra che sa essere accogliente".

C'era un po' di paura, alla vigilia. Non sapevamo cosa sarebbe successo il giorno dopo. Quanta gente ci sarebbe stata. Chi ci sarebbe stato. Cosa avremmo detto. Se un'iniziativa così poco organizzata avrebbe retto fino alla fine (metti che qualcosa va storto). Oggi è il 24 settembre, Clandestino Day, ed è nato il coordinamento No Cie del Veneto. E noi abbiamo iniziato il cammino liberandoci delle nostre paure.

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