lunedì 2 febbraio 2009

Il tema del doppio in Magico Vento

pubblicato nel 2002 (?) in www.gianfrancomanfredi.com

C’è un elemento ricorrente nell’intera saga di MV: ne è lo spunto originale, un nodo cruciale, una tematica essenziale nel definire la serie narrativa come lo sviluppo di un confronto (talvolta conflittuale, talvolta dialogico) tra le due società, quella dei nativi americani e quella degli “invasori” bianchi, e quindi tra le loro usanze, le loro visioni del mondo, i loro sentimenti. La divisione in due parti che si confrontano come allo specchio è dunque il primo spunto di partenza.

Ma allo stesso tempo il doppio si fa palese, incarnandosi in alcuni personaggi che, in virtù della loro natura e degli eventi in cui si trovano ad agire, esplorano e rappresentano i significati di questa tematica: così, in MV ci sono doppi psicologici, doppi sociali, doppi mostruosi, doppi narrativi, doppi semplicemente antitetici, separazioni, geminazioni, addirittura clonazioni! C’è l’incontro col doppio e c’è la paura del doppio; c’è la doppia natura delle cose e la doppia natura dell’animo umano.
Il protagonista della serie, Magico Vento appunto, è un uomo doppio. La sua biografia, tanto per cominciare, è sdoppiata: prima il soldato bianco Ned Ellis che combatte gli indiani, poi lo sciamano Lakota Magico Vento, schierato con gli stessi indiani a cui aveva fatto la guerra. La separazione tra queste due vite è sancita molto nettamente dall’esplosione di un treno militare, ma il confronto tra i ricordi e il presente è una delle prove a cui Magico Vento è sottoposto di frequente nel corso della sua avventura.
Esteriormente, Ned è fisicamente un bianco, ma si acconcia come un indiano: indossa una casacca indiana e pantaloni militari, porta la pistola al cinturone ma anche una “sacca della medicina”.
Magico Vento affronta il proprio ruolo di eroe tanto con le pallottole che con la magia. Si può quindi già mettere in luce un nuovo significato del doppio: l’antitesi tra il mondo reale (razionale) e quello spirituale (irrazionale), che assume a seconda delle circostanze i termini di un dialogo tra i due mondi o quelli di un conflitto a causa della loro diversità. Si potrebbe individuarla anche nel legame tra Ned e il giornalista Willy Richards (detto Poe). Mentre Magico Vento predilige la ricerca della visione per sciogliere enigmi e incertezze che incontra nel dipanarsi della trama, Poe utilizza quasi esclusivamente un metodo razionale basato sulle tecniche che gli sono affini in quanto giornalista: l’esame di indizi, la raccolta di testimonianze, l’osservazione,la deduzione, ecc.
La differenza tra i due metodi adottati dalla coppia di amici esplica anche un’altra antitesi “metanarrativa”: quella tra oggettività (cronaca, giornalismo, descrizione pura) e soggettività (visioni, emozioni, flashback).
Facendo un ulteriore passo, si può riconoscere nel confronto tra razionale e irrazionale il confronto tra le due società cui si accennava prima: la società bianca che rifiuta la magia e esalta il pragmatismo, la società indiana che invece vive la magia come parte della propria conoscenza pratica e rivela gli aspetti più nefasti della “razionalità” bianca (come la mancanza di rispetto per il sacro che porta i bianchi a devastare le terre che invade).
L’heyoke è una delle incarnazioni palesi del doppio. E’ il buffone del villaggio, che si distingue perché parla e agisce al contrario: pensa una cosa ma ne dice un’altra, ride quando è triste, insulta per apprezzare, afferma per negare. E’ appunto un buffone e la sua natura doppia non stupisce, poiché la comicità è basata sul ribaltamento e quindi sullo sdoppiamento: sono elementi comici un re denudato, un gatto che insegue un cane, una moglie che picchia il marito. L’ironia,il dire una cosa intendendone un’altra, permette di prendersi gioco dei potenti, ridicolizzarli, elevando la plebaglia con le sue furberie. E’ una situazione tipica della commedia: il rovesciamento sopra/sotto della società.
Nella sua allegria, c’è però l’aspetto tragico che accompagna tutti i clown, quella patina malinconica che appare sul loro viso allegro: l’heyoke ride esteriormente ma si strugge interiormente.Questa contraddizione emotiva lo rende fragile e incline all’autocommiserazione (l’heyoke di MV si chiama infatti Uccide se stesso).
In questa ottica, l’heyoke è più che un semplice ruolo nella società indiana: anche al giorno d’oggi e nella società occidentale capita spesso che ci chiedano come stiamo e noi, pur con il cuore afflitto da qualche magagna, rispondiamo “tutto bene”, per essere rassicuranti. L’antitesi, in questo caso, è tra ciò che siamo (e proviamo) e ciò che appariamo, e ha evidentemente implicazioni sociali.
Anticipando brevemente un tema che verrà in seguito, va sottolineato come l’heyoke sia la “preda” preferita di un demone indiano, Iktomi, il quale si diverte a sovvertire l’ordine delle cose e si manifesta attraverso rapporti di rovesciamento o specularità rispetto alla realtà (MV 13).
Si era accennato al teatro e alla commedia. A questo punto non si può fare a meno di parlare di Dick Carr (MV 24, 25...), personaggio ricorrente della saga e esplicitamente legato al doppio, un attore sfigurato eppure capace di assumere continuamente volti e identità nuovi (si potrebbe dire tutti, tranne il suo). La mascherata è legata idealmente alle truffe burlesche della commedia e del Carnevale, eppure a Dick non riesce di fare della commedia: la sua prima apparizione nella serie avviene sul palcoscenico, durante la rappresentazione della commedia “The filter of love” ed è in questa commedia che viene sfregiato col vetriolo. La commedia si tramuta in tragedia.
Dick Carr, in realtà, è quindi legato più alla tragedia che alla commedia. Nella tragedia, il doppio è ancora inversione, ma non provoca più riso, bensì sgomento e orrore: un figlio che uccide il padre, una madre che impicca i propri figli, Rosencrantz e Guildenstern che consegnano la lettera con l’ordine di ucciderli, la vittoria dei Greci vista attraverso il dolore dei Persiani.

Un secondo significato attribuibile a Dick Carr è quello di antitesi fra finzione e realtà (cioè rappresentazione teatrale vs. platea) ma anche, e ancor meglio, tra ribalta e retroscena, palcoscenico o dietro-le-quinte: una metafora sociale, quindi, di ciò che mostriamo agli altri e ciò che manteniamo nascosto nel nostro intimo o tra le mura domestiche.
Molte delle creature orrende che Magico Vento affronta sono doppie. Per citarne alcune: un verme gigantesco con due teste disposte agli antipodi (MV 4);il già citato Iktomi (MV 13); Whopi, ragazza-bisonte, divisa tra una bontà e un odio entrambi di portata assoluta (MV 5); uno sciamano-lupo (MV 2) e anche un serial-killer che si muta in lupo (MV 65); per finire con le “creature”, che meritano due parole in più.
Le creature sono uomini mutati da misteriosi sacerdoti e divisi tra una facciata rispettabile di comuni cittadini e un retroscena di bestie sanguinarie. I luoghi dove ci viene rivelata la loro natura demoniaca sono sempre luoghi appartati: la camera da letto, la saletta privata di un ristorante, e (dulcis in fundo)... il dietro le quinte di un palcoscenico! (MV 47, 52, ...)
Anche in questo caso, dunque, l’antitesi è tra ribalta e retroscena e, considerato che molte delle creature sono personaggi politici, è evidentemente una riflessione anche sull’antitesi tra aspetto pubblico e privato, immagine in società e comportamento tra le mura domestiche.
Se guardiamo alla narrativa horror (da cui MV attinge atmosfere e situazioni), va sottolineato che molte delle creature del racconto d’orrore hanno doppia natura: licantropi, non morti o morti viventi, il Golem, lo stesso Lucifero. L’antitesi fondamentale dell’incontro con il mostro è una doppia antitesi: da un lato si esplicita nel duello tra avversari, impegnati a combattersi come incarnazioni del Bene e del Male; dall’altro lato, è il conflitto interiore dei duellanti che devono anche affrontare quella parte di Male (o di Bene) che rende “impura” la loro anima. La paura del licantropo è quindi la paura che la parte bestiale del nostro animo si manifesti e si ribelli alla nostra parte “civilizzata” (cioè buona).Una paura tipicamente umana, poiché non esiste uomo che non abbia avvertito il dilemma della scelta tra ciò che ritiene (o gli viene insegnato come) buono e ciò che ritiene cattivo (o gli viene insegnato come tale).
Tra gli “avversari” di Magico Vento ci sono, non a caso, molti comuni esseri umani, divisi nell’animo tra bontà e crudeltà: un guerriero indiano (Senza paura, in MV 18) che è stato prima abbandonato e poi posseduto dalla propria ombra; un giovane sciamano (Corno d’argento, in MV 14) che si dibatte tra la volontà di un’apocalisse e gli insegnamenti di bontà della madre.
Un altro umanissimo nemico di Magico Vento è uno scienziato che scopre la possibilità di replicare esseri viventi grazie a una sostanza aliena (MV 41). Anche questo è un topos dell’horror: il dilemma sui limiti della scienza. E’ da notare che Ned stesso si sdoppia, in questa storia (e, ovviamente, lotta col suo doppio). E non è un episodio isolato. Magico Vento incontra se stesso anche nella visione del “ladro di bisonti” (MV 33) in cui il suo doppio è l’incarnazione del futuro che attende le popolazioni delle pianure.
In “Shado” (MV 30), il protagonista delle storie che Poe inventa per il “Morning” è un “altro” Ned, le cui avventure si intrecciano nella narrazione con quelle reali di Ned e Poe stessi. Oltre all’ovvia antitesi tra finzione (fiction) e realtà, è interessante sottolineare un altro significato doppio: il confronto avviene tra un Ned “potenziale” e un Ned “avveratosi”.
Un ulteriore livello di confronto è quello tra Storia e Leggenda, che nel West è frequente e tipico. Emblematica è la comparsa di un ricco eccentrico che si diletta nel collezionare statue di cera fatte con i cadaveri di celebri pistoleri (MV 17) e ancor più emblematiche sono le apparizioni di personaggi storici come Custer (MV 45, 46, ..., 61, 62), Wild Bill (MV 43), Calamity Jane (MV 44).

Non si può non spendere una parola su Hogan e qui la faccenda si fa più complessa, per quanto riguarda le tematiche affrontate fino ad ora. Da un lato è chiaro che Magico Vento e Hogan sono avversari: Hogan è il “grande nemico”, l’antagonista narrativo, l’alter-ego del protagonista. Il loro legame è definito da Aiwass nel termine di “magnetismo” (in MV 31, pag. 27), cioè “la capacità di attrarre gli opposti. Il loro confronto è soprattutto un conflitto aperto ed è elemento essenziale della narrazione.
Ma non è tutto così semplice: né Hogan né tanto meno Ned sono personalità equilibrate e prive di contraddizioni. A causa delle sfaccettature del loro carattere, il loro confronto varia sensibilmente a seconda delle circostanze, tanto che in un momento si aggrediscono per uccidersi e in un altro si salvano la vita reciprocamente. A Hogan e Ned sta stretto il ruolo di protagonista/antagonista perché non esiste un’antitesi netta tra i due. Ned cede spesso alla collera (e quando viene posseduto dalla collera dell’orso è più spietato del suo nemico, vedi MV 53 e 66), Hogan impara col tempo a seguire le vie dello spirito. Sono umani, insomma, e il loro conflitto è anche una lotta con se stessi.
D’altra parte, Hogan ha imparato presto a sfruttare le proprie capacità per ottenere privilegi e muoversi a proprio agio nell’intricato roveto delle cospirazioni politiche e delle sette massoniche, al solo scopo di guadagnare potere: si tratta pur sempre di un uomo d’affari e la sua è spesso doppiezza.



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