sabato 30 settembre 2006

Tra grafica e nostalgia di casa

pubblicato su La Città

C’è chi fugge da Rovigo per cercare fortuna in città culturalmente ed artisticamente più vivaci, e c’è chi, invece, lascia una lunga e fortunata carriera in terra straniera per ritornare nella città con cui sente di avere il legame più profondo. Laura Ferracioli, nata proprio a Rovigo una quarantina di anni fa, ha scelto di tornare, dopo 10 anni vissuti come illustratrice a Barcellona, nella sua città d’origine: una città che, dice, è ricca di talenti spesso soffocati da un animo disfattista. Una città che certamente non le ha riservato la stessa attenzione ricevuta in terra catalana, né sempre la stessa considerazione per la sua professionalità: ma anche una città che, lo scorso Maggio, le ha tributato grande affetto e stima, con la bella mostra “Bimbe a pois e gnomi congelati”, dedicata alla sua vivace e originale produzione artistica, in cui si incontrano geometrie futuriste, tratti e colori dei cartoni animati degli anni ’50-’60 e paradossi del mondo delle fiabe.


Innanzitutto, com’è arrivata l’opportunità di lavorare in Spagna?
E’ stato un cambiamento fulmineo. Dopo il diploma all’Accademia di Belle Arti di Bologna e un corso di illustrazione – in un periodo in cui l’illustrazione era considerata ancora arte di serie B – ho lavorato per un paio d’anni come grafica: un lavoro che mi avrebbe offerto certamente più stabilità e sicurezza, ma che allo stesso tempo non mi dava la possibilità di disegnare abbastanza. Così ho colto al volo la proposta di un lavoro di equipe per la realizzazione di illustrazioni per testi scolastici: in meno di due settimane mi sono trovata catapultata a lavorare gomito a gomito con artisti come Tassies e Lluisot, la crème degli illustratori di Barcellona. Da un lato è stato quasi un trauma, dall’altro uno stimolo ad impegnarmi per non sfigurare. L’esperienza spagnola è stata soprattutto una scuola.
Dal secondo anno di carriera ho iniziato a illustrare da sola interi libri, poi sono passata alle riviste, collaborando soprattutto, con “Woman”, “You”, “Megatop”, “Tu Salud” e con il supplemento “domenical” di “El Periodico”.

Oltre che artisticamente vivace, com’è la realtà spagnola per un illustratore?
In Spagna i rapporti con gli editori e i committenti sono molto più seri e corretti, ma soprattutto professionali. Non si tratta solo di minori opportunità di lavoro, ma di un rispetto per il professionismo che in Italia è quasi inesistente: sembra quasi che dalle nostre parti fare l’illustratore non sia considerato un vero lavoro.

Eppure, dopo dieci anni di gratificante carriera in Catalogna, hai deciso di tornare in Italia, proprio nella città in cui è nata...
In realtà non me ne sono andata da Rovigo perché volevo scappare, né ho mai pensato che sarei rimasta in eterno a Barcellona. Sono tornata proprio in un momento particolarmente positivo della mia carriera, in cui però avevo voglia di recuperare i legami affettivi lasciati lontani. E’ vero che Rovigo non offre le stesse opportunità di Barcellona, ma non è una città priva di persone di talento: non mi è mai piaciuto il disfattismo di molti rodigini, anche di giovane età.

Di recente la Provincia di Rovigo ha dedicato una mostra alla tua produzione artistica. Segno che il tuo talento ha riscosso attenzione anche in città?
La mostra “Bimbe a pois e gnomi congelati” è stata un grandissimo riconoscimento: è stato come se la mia città mi avesse dato una pacca sulla spalla. C’è stato, insomma, non solo il piacere di vedersi dedicata una mostra, ma soprattutto quello di ottenere questa attenzione dalla città in cui ho le mie radici, un doppio riconoscimento.

Il tuo stile grafico utilizza l’essenzialità delle forme geometriche per giocare con le figure, creando un mondo surreale e fiabesco. Quali sono i tuoi numi ispiratori?

Con i colleghi di Barcellona ho condiviso la passione per i futuristi Sergio Toffano e Fortunato Depero – che, tra l’altro, si è dedicato all’illustrazione – ma nel mio bagaglio culturale ci sono anche cartoni animati come I Pronipoti, Mister Magoo o la Pantera Rosa. Il mio stile privilegia la sintesi, le forme geometriche e i colori piatti: l’uso di uno stile “grottesco” permette di giocare con le forme e con il simbolismo, di essere surreali e spiritosi. Ed è uno stile che piace non solo agli adulti, ma anche ai bambini (proprio la Ferracioli, tra l’altro, è l’ideatrice delle mascotte del Multispazio Ragazzi dell’Accademia dei Concordi, ndr), segno che i bambini sono perfettamente in grado di comprendere anche uno stile molto sintetico.

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