sabato 8 dicembre 2007

Il Delta avvelenato dal piombo

pubblicato con qualche aggiustamento su CartaQui EstNord n. 44

E’ bastata una catena di eventi a riaprire il dibattito sulla caccia nel parco regionale del Delta del Po. La scintilla è stato il ritrovamento, lo scorso 17 novembre, di decine di fenicotteri morti. Causa della strage, secondo la Forestale, l’ingestione di pallini di piombo, disseminati a migliaia nelle valli durante la stagione venatoria. Una piaga, quella del saturnismo, con cui il Delta fa i conti ormai da anni, tanto che tra le disposizioni introdotte con l’inaugurazione dell’ultima stagione di caccia c’è anche il divieto dei normali bossoli di piombo, da sostituire con quelli al nickel, che dovrebbero impedire la dispersione nell’ambiente del metallo. Misura che non risolve il problema, ma quanto meno mira a porre un freno all’accumulo di veleni nelle sabbie e nelle acque in cui sostano i volatili.

“I fenicotteri sono solo una goccia nell’oceano – dice Andrea Zanoni della Lega Anti Caccia – Ogni giorno muoiono centinaia, se non migliaia di animali per saturnismo. Per questo i provvedimenti presi nell’immediato non bastano, l’unica soluzione è vietare la caccia per almeno cinque o dieci anni”. Che la situazione sia seria non lo dicono solo gli ambientalisti. Lo scorso 20 novembre la stessa Forestale ha presentato alla Procura di Rovigo una denuncia per maltrattamento, uccisione e avvelenamento di animali, mentre nelle stesse ore, assieme ai tecnici dell’Arpav, venivano eseguiti carotaggi e raccolti campioni di acqua nelle zona colpite per verificare un eventuale reato di danno ambientale.
Per singolare coincidenza, nelle stesse ore in cui la Forestale recuperava i corpi dei trampolieri avvelenati, la Polizia Provinciale polesana portava alla luce un inquietante episodio in un’azienda venatoria di Porto Tolle. Qui un gruppo di appena otto cacciatori ha approfittato della bora che aveva spinto nell’entroterra gli stormi di uccelli per compiere un’autentica mattanza. Ben 780 le anatre abbattute in mezza giornata. Il limite massimo consentito, per inciso, sarebbe di 25 prede a testa. Quanto basta per far scattare il sequestro dei capi e avviare una denuncia da parte della Provincia, che potrebbe portare alla sospensione della concessione per il proprietario dell’azienda.
Le regole per limitare l’attività venatoria nel parco naturale, tuttavia, rischiano di essere sempre meno efficaci dopo l’intervento della Regione Veneto proprio sulla disciplina delle aziende faunistico-venatorie. Pochi giorni dopo il massacro di Porto Tolle, l’assessore alla caccia Elena Donazzan ha infatti contattato le stesse aziende per fermare la sottoscrizione del documento disciplinare concordato con l’Amministrazione Provinciale polesana: uno sgarbo pesante, dato che la materia sarebbe delegata alle singole province. Ma il disciplinare bloccato sembra fosse assai sgradito ad alcuni concessionari, che avrebbero sollecitato direttamente la Donazzan, sembra tramite l’onorevole Berlato, ad intervenire. “Così la Regione ha gettato la maschera – attacca l’assessore provinciale alla caccia Gino Sandro Spinello – decidendo di difendere un certo tipo di caccia, quello di alcuni ultras delle aziende faunistiche, magari ben introdotti tra i cortigiani di Berlato”. Di certo è singolare la rapidità con cui la Donazzan, dopo aver bloccato l’accordo con l’Eps, ha varato un proprio disciplinare, accompagnato da una lettera per intimare alla Provincia di adeguarsi. Il nuovo testo è un regalo agli “ultras” indicati da Spinello. Basti valutare che, mentre il documento surclassato prevedeva il possesso di due fucili, di cui uno scarico, il nuovo dà facoltà di portare due armi cariche e un numero assortito di doppiette scariche. Il disciplinare regionale, inoltre, raddoppia da dieci a venti le giornate di caccia ammesse oltre al sabato. Infine, mette i bastoni tra le ruote alla Polizia Provinciale, cancellando la possibilità di utilizzare barche a motore per i controlli: d’ora in poi, insomma, agli agenti provinciali non resta che inseguire i motoscafi dei cacciatori a forza di remi.

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