sabato 1 marzo 2008

Cosa sarà dell'Interporto di Rovigo?

da La Città di marzo 2007

Sviluppo economico a beneficio del Polesine o espansione industriale a scapito degli abitanti? L’unica certezza, nel dibattito sull’insediamento di una centrale ad olio di colza e di un impianto di macinazione del clinker nell’area dell’Interporto, è la grande confusione creata spesso da un dibattito politico velenoso e polemico, mentre i cittadini di Borsea, Pontecchio e Bosaro si mobilitano per avere chiarezza sulla natura di questi impianti. La preoccupazione diffusa è che la crescita di stabilimenti industriali produca nuove emissioni di polveri in un’area che già presenta valori di Pm 10 due volte superiori a quelli di Rovigo, a causa della vicinanza con la zona industriale e commerciale.


La centrale ad olio di colza
Il progetto della centrale ad olio di colza che la società E-Factory di Padova intende installare tra Borsea e Pontecchio, nell’area Cosecon dell’Interporto appare tutt’altro che misterioso: l’impianto potrà produrre da 28 megawatt ad un massimo di quasi 60 megawatt, ricavando energia da biomasse e in particolare dall’olio di colza. Per l’approvvigionamento saranno necessarie quasi 60 tonnellate di materia prima l’anno, proveniente da altri paesi europei ed extraeuropei, trasportata per la maggior parte per via fluviale. La centrale, infine, occuperà più di trenta persone, tra operai, addetti ai trasporti e manutentori. All’apparenza, dunque, niente di negativo: anzi, l’olio di colza, prodotto vegetale, costerebbe la metà del gasolio e inquinerebbe il 98 per cento in meno. Tuttavia, le posizioni espresse dai comitati di Borsea sono meno ottimistiche: “Già una centrale analoga ad Argenta è stata posta sotto sequestro per irregolarità nella natura dei materiali usati per la combustione. – ricorda Claudio Battocchio della Pro Loco – Il rischio è che qui, esauritisi i contributi europei, per guadagnare si trasformino le centrali in inceneritori di rifiuti”. E non è l’unica controversia portata dalla Pro Loco: “La stessa federazione di questa categoria raccomanda che tali centrali siano costruite nel bacino di raccolta della materia prima – spiega – In questo caso, invece, la colza verrebbe importata addirittura dall’estero, aumentando così solamente l’inquinamento”. Insomma, perché proprio a Borsea? Un interrogativo sollevato, nell’assemblea tenutasi a Borsea il 2 Febbraio scorso, anche da Luigi Zanforlin dello Sdi: “Perché non costruire allora la centrale a Ca’ Cappello, dove approdano le bettoline?”

Il clinker
Ancora più criticato è il progetto del cementificio che verrà realizzato da Iniziative Industriali Srl di Rimini, sempre nell’area dell’Interporto. Innanzitutto perché le informazioni su tale opera sono spesso contraddittorie e confuse: la più banale riguarda la definizione del clinker, materiale ceramico, dalla cui macinazione si ricava poi il cemento, definito invece nel dibattito più volte come “derivato del cemento”. Ben più importante è tuttavia definire chiaramente la natura dello stabilimento, che nel progetto depositato in Comune sarebbe finalizzato alla produzione di “leganti idraulici e carbonato di calcio”, mediante la macinazione del clinker. Chiarire la natura dell’impianto, infatti, è essenziale per comprendere se vi siano contraddizioni con le norme del piano urbanistico che vietano “impianti di stoccaggio definitivo e provvisorio se indipendente dalle singole attività produttive, trattamento e recupero rifiuti speciali e pericolosi e comunque di tutti i materiali insalubri”. Nel corso dell’ultima assemblea civica, poi, si era levato un grido d’allarme per la presenza di un camino alto 40 metri, che si riteneva potesse condurre ad una dispersione di polveri su ampia scala. Ma ancora nel progetto, il “camino” risulta essere invece un silo in cemento armato per lo stoccaggio del clinker. Quanto ai pericoli per la salute degli abitanti, in base al progetto l’impianto macinerà solo cemento, gesso, sabbia e calcare, cioè sostanze inerti, non tossiche e non nocive. Il clinker proverrà perlopiù dal veneziano e dal rodigino, mentre da Trieste giungeranno ogni anno 30mila tonnellate di loppa (una scoria di produzione degli altoforni) e 40mila di ceneri dalle centrali termoelettriche, cui vanno aggiunte 65mila tonnellate di calcare da Pavia e Brescia, per un totale di 500mila tonnellate annuali.
Le polveri emesse in seguito alla lavorazione dovrebbero essere depurate da un filtro a maniche, ma anche su questo punto si esprimono i dubbi della Pro Loco di Borsea: “Ma siamo sicuri che andrà così e non capiterà invece che, per risparmiare, la notte i filtri verranno tolti, come già accade in altri impianti?”, chiede ancora Battocchio.

Il dibattito politico
Il dibattito politico, invece, è sfociato in una polemica sulla natura dell’Interporto. “Forse il centrosinistra pensava che con lo sviluppo dell'asta navigabile sarebbero arrivate solo le house-boat e le chiatte avrebbero trasportato caramelle e cioccolatini”, ha detto il consigliere comunale di Forza Italia Nello Piscopo, sostenendo che l’Interporto non possa evitare di relazionarsi con imprese per la trasformazione di materiali poveri, per le quali il risparmio sui costi di trasporto è prioritario. Il sindaco Fausto Merchiori, dal canto suo, replica pubblicamente: “l’Interporto deve essere uno strumento di intermodalità – ha detto –, non una sorta di agenzia immobiliare che vende porzioni di territorio indipendentemente dal tipo di insediamento”. Alla fine, proprio da Palazzo Nodari, è venuta la proposta di realizzare un tavolo con Provincia, Regione Veneto ed associazioni di categoria per elaborare strategie condivise sullo sviluppo degli insediamenti e per la protezione ambientale del territorio.

Nessun commento:

Posta un commento