martedì 10 luglio 2012

Classici del giornalismo: l'articolo sui saldi

Ogni anno, implacabile, arriva il supplizio dei saldi e con esso il rituale dell'articolo (imprescindibile) sui saldi, un mio personale tormento.
In genere questo reportage finisce in pasto al "tappabuchi", quello che quel giorno non ha di meglio da fare. L'articolo sui saldi non contiene alcuna informazione realmente utile. Non informa nemmeno dell'avvio dell'evento in sè: la gente già sa dal giorno prima che ci sono i saldi. E' un articolo "di colore". Di norma, un articolo si scrive se c'è una notizia, altrimenti anche una storia carina non funziona. L'articolo sui saldi è l'eccezione. Non c'è nessuna ambizione a dare una notizia, la notizia è sullo sfondo (sono partiti i saldi), ciò che interessa è "colorarla", possibilmente con molti clichè (ad esempio le code fuori dai negozi).
E per ricavare tanto nulla, il malcapitato giornalista deve assolutamente compiere la semestrale via crucis tra i negozi del centro per sentire "come va" la prima giornata di saldi e, soprattutto, "vedere se ci sono code", anche se sa già che a Rovigo le code nel primo giorno di saldi non si vedono dal secolo scorso.

I commenti dei commercianti e dei clienti (l'asse portante del pezzo: imprescindibili almeno tre virgolettati) sono gli stessi ogni anno. I commenti dei commercianti in genere si dividono in queste categorie:1) il commerciante entusiasta, che con i saldi sostiene di aver venduto anche il paltò di sua nonna;
2) il commerciante depresso che dice che i saldi non servono a niente, però lui li fa lo stesso tutti gli anni, anche se però non servono a niente;
3) il commerciante depresso che dice che non ha venduto niente durante l'anno e spera di farcela coi saldi, perchè sennò non si arriva a fine anno.
Le categorie 2 e 3, badate bene, si lamentano ogni anno di quant'è cupa la vita del commerciante e quanto buttano male gli affari. L'anno dopo ti aspetti che abbiano fallito, invece sono ancora lì, a lamentarsi che hanno fatturato esponenzialmente meno dell'anno prima.Il tutto viene condito con dichiarazioni dal valore informativo quasi nullo, ad esempio: "Non ci sono soldi in giro e la gente approfitta delle offerte", ma - si badi bene - "ci sono meno soldi e la gente compra meno".
Non va meglio con i clienti, i quali, intervistati, rilasciano dichiarazioni totalmente in sintonia, tipo: "Approfitto dei saldi per risparmiare, ma sempre con parsimonia perchè i soldi sono quelli che sono e devo fare un planning attento". Questo me lo diceva l'anno scorso un tipo intervistato da una collega, appena uscito da un negozio di vestiti tamarrissimi e costosissimi. In genere, infatti, la "pianificazione" delle spese prevede l'acquisto di tamarrate costosissime in negozi di grido, che anche in saldo costano più di quanto verrebbero prodotti analoghi all'Oviesse. Sono quelli che si lamentano del prezzo inaudito del pane, ma fanno le code per uno smartphone in offerta.
Una della poche cose sensate da fare per i saldi è un giro per negozi il giorno prima dell'avvio, munito di macchina fotografica, per vedere quanto costava realmente la roba. Te ne ricordi sempre il giorno dopo, quando non puoi più dimostrare nulla. Anche se è evidente che quel paio di scarpe che oggi costano "solo" 150 euro non potevano davvero costare 300 euro il giorno prima.
L'anno scorso mi sono salvato intervistando l'unica commerciante di Rovigo che non faceva i saldi. I ragionamenti della negoziante ribelle (una che era nella giunta Ascom, mica una mezza calzetta) occupavano tre quarti dell'articolo. La sua ribellione ai saldi incontrava la mia ribellione all'articolo sui saldi. E poi per me la notizia era questa: una negoziante storica di Rovigo boicotta i saldi e spiega perchè sono inutili. Il titolo del giorno dopo era: "Successo senza code per i saldi by night". 

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