venerdì 8 febbraio 2013

Con la disoccupazione arriverà la solitudine

L'intervista che segue sarebbe dovuta uscire nel 2011, sul "numero zero" di una rivista che non ha mai visto la luce.
Il tema generale di quel primo numero sperimentale era la crisi, così si pensò di intervistare Maurizio Zannato, operaio della Grimeca, la "Fiat polesana" da anni in difficoltà. Maurizio è anche cantante e poeta dei Marmaja, ottima band polesana conosciuta ben oltre il Po e l'Adige.
All'epoca dell'intervista è primavera. La Grimeca è appena stata "salvata" ad un duro prezzo: continuerà a funzionare, ma di quasi 800 dipendenti, appena 300 resteranno al loro posto, forse altri 150 saranno ripresi entro il 2015. Conosco Maurizio da diversi anni, avendo seguito un numero incalcolabile di concerti dei Marmaja, ma per procurarmi il suo numero di cellulare devo comunque ricorrere alla legge dei sei gradi di separazione, in questo caso tre: un collega mi procura il numero di uno della Fiom che ha il numero che cercavo.
Maurizio accetta di chiacchierare con me al bar di Ceregnano, davanti ad una birra. Con lui voglio capire cosa accadrà a chi rimane fuori, alle famiglie e al tessuto sociale di Ceregnano e delle altre comunità in cui vivono queste persone. Perchè senza il lavoro vanno in pezzi non solo le persone, ma le stesse comunità.
Dopo due anni, quell'intervista è rimasta nel cassetto, con il numero zero della rivista. Ho deciso di trascriverla e proporla qua per la prima volta, perchè è proprio un peccato averla buttata via, visto che contiene riflessioni non solo interessanti, ma perfino utili. Se mai tornerà alla luce la rivista su cui sarebbe dovuta uscire, alla peggio berremo assieme un'altra birra. (Avevo anche delle foto, ma erano davvero brutte, così ne rubo una dal sito www.centrofrancescanodiascolto.it).

Quanto pesa il lavoro nella vita e nell'identità di una persona?
Sono entrato in fabbrica a 15 anni e ci sono cresciuto. Oggi fatico a immaginarmi in un altro posto. Al lavoro passi grande parte del tuo tempo e non c'è solo l'aspetto economico, anche se il guadagno che hai ti consente una certa serenità nella vita, ti permette di mandare tua figlia al mare, di realizzare qualcosa per te stesso. Il lavoro ti vincola in tutti gli aspetti, dalle relazioni al fatto di sentire tua la macchina per cui hai lavorato tanto tempo. Il lavoro aliena, certo, ma poi fa parte della tua vita.
E' ancora più importante per la classe operaia, l'ultimo contesto in cui si riesce a trovare una collettività. In altri settori il legame che si creava tra i lavoratori è andato disperso.

Cosa significa allora perdere il lavoro?
La mia paura è che arriverà la solitudine. Arriverà per molti. Spero di essere smentito, ma ho già visto cosa è accaduto con precedenti licenziamenti.
La mancanza di reddito si trasforma in vergogna, così si evitano le occasioni di socializzazione. E' bello pensare che tutti quelli che in paese rimarranno senza lavoro si daranno una mano a vicenda, in realtà temo che si dividano, che diventino lupi.
Poi c'è un altro aspetto. Quando si rimane a casa si fa di tutto per sentirsi utili, per non sentirsi un uomo finito. Così spesso ci isola dai luoghi di aggregazione, per dedicarsi magari alla famiglia, alla casa.

Le risposte a una crisi, che è economica ma anche sociale, da dove dovrebbero arrivare?

Oggi mancano i luoghi di aggregazione. I partiti, le parrocchie non aggregno più le persone, resta solo lo spriz al bar. Gli enti locali sono in difficoltà economica. Forse allora, invece di aiutarti economicamente, dovrebbero aiutarti a non perdere quelle abitudini che ti mantengono in contatto con un fac simile di vita. Il Comune o la parrocchia magari non potranno mandare mia figlia al mare, ma possono organizzare spazi di aggregazione. Penso anche che se una persona nella sua solitudine trova l'occasione per leggere, potrebbe scoprire che la sua solitudine è la solitudine di tanti altri.
Siamo terra di contadini, abituati ad attendere che piova per raccogliere. Lo ripeto in questi giorni ai colleghi: oggi non possiamo più stare ad aspettare che piova.

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