martedì 7 aprile 2015

Quando c'era RoArt i festival arrivavano in orario

Un paio di giorni fa, un post su Facebook ricordava la nascita di RoArt, il 5 aprile di 2005, dieci anni fa.
Di RoArt sono stato uno dei fondatori e paradossalmente sono, oggi più di dieci anni fa, convinto dell'altissimo valore e potenziale di un'associazione per la cultura giovanile in città. Il motivo per cui oggi ci credo più di allora è semplice, quando deprimente: basta aprire la finestra e dare un'occhiata fuori, al deserto postatomico delle Politiche giovanili rodigine. E non solo: mi sembra che anche a "cultura" e senso civico siamo anni luce.


Mettiamo a parte gli amarcord personali: la distanza siderale di questi dieci si misura sicuramente nella distanza tra quello che eravamo allora e quello che siamo oggi, trentacinquenni alle prese con i pannolini e i capricci dei figli, i casini e i gli enigmi del mondo adulto.
La percezione che questi dieci anni siano anni luce è ancora più forte, però, se si misura la distanza tra quelli che erano i fermenti di quegli anni e quelli attuali. Specie se si considera che il 2005 non è stata un'epoca di grande vivacità giovanile e culturale a Rovigo. Il meglio era venuto negli anni precedenti e si sarebbe liquefatto proprio negli anni successivi al 2005.
Ma dieci anni fa c'era un gruppo di ragazzi che aveva deciso di riprendersi Rowoodstock, appena silurato dalla giunta comunale per mancanza di fondi, ossia di interesse. Che oggi il festival non si faccia più, chiuso dopo l'edizione 2010 (di cui ho scritto qui), importa molto poco.
Indipendentemente dalle attività realizzate e dall'estrema fragilità dimostrata, il valore di RoArt è stato sostanzialmente questo: riprendersi uno spazio che altri avevano deciso di toglierci, caricarsi sulle spalle l'organizzazione di un festival, senza aspettare che qualcuno lo facesse al posto nostro. Il fatto che RoWoodstock non si faccia più è fisiologico e un segnale di grande onestà: non spetta ai trentacinquenni organizzare gli eventi dei ventenni.
Del deserto delle Politiche giovanili a Rovigo si è detto: Centro ricreativo giovanile chiuso, centri sociali spariti, eventi per i giovani in mano a discoteche e bar. Del resto, vedo anni luce di distanza anche dal punto di vista culturale: la più recente "mobilitazione" giovanile è stata contro un regolamento del Comune su orari e volumi dei concerti nei locali del centro storico. In altre parole, una mobilitazione per chiedere di poter fare musica fino a tardi nei bar. Ovviamente, è durata una manciata di giorni, producendo giusto un po' di foto e hashtag su Facebook e Twitter, per poi evaporare nel nulla.
Rileggendo RoArt dopo dieci anni, è stata una delle migliori espressioni di attivismo e partecipazione giovanile. Sicuramente un'alternativa di tutto rispetto all'inutile lagna sui giovani senza prospettive, sul centro che muore, sul "qualcuno dovrebbe fare qualcosa" e sul Comune che non fa niente o, peggio ancora, ostacola.

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