mercoledì 18 maggio 2011

Porto Tolle, tutto da rifare. Stop alla centrale a carbone

Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso e boccia la Via 
L’Enel: danno al Paese, potremmo spostarci all’estero  

dal Corriere del Veneto del 18  maggio 2011

ROVIGO - Il Consiglio di Stato annulla il via libera del Ministero dell’Ambiente alla riconversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle. Dopo sei anni, l’iter del progetto ora va rifatto da capo. E il colosso elettrico reagisce: Così si rischia di cancellare un progetto da 2,5 miliardi di euro. Potremmo portare gli investimenti in altri Paesi» .
La notizia sulla sentenza è trapelata ieri, diventando ufficiale in serata: i giudici della sesta sezione del Consiglio di Stato hanno accolto il ricorso presentato da Wwf, Greenpeace, Italia Nostra, operatori turistici e alberghieri, pescatori comitati cittadini, che avevano impugnato l’autorizzazione rilasciata nel 2009 dal ministero dell’Ambiente, contestando irregolarità nell’iter.
La sentenza ribalta così quella emessa l’anno scorso dal Tar del Lazio, che non aveva accolto le obiezioni dei contrari al carbone. E trattandosi dell’ultimo grado di giudizio, non lascia molte chance a Enel: l’iter di autorizzazione dovrà ripartire da capo in Commissione Via. Come minimo la società dovrà modificare il progetto originale, tenendo conto dei punti contestati e delle motivazioni della sentenza. Per Enel, intanto, sfuma un investimento strategico, con cui la società puntava a produrre entro i prossimi cinque anni 5.000 megawatt di energia con il carbone, abbassando del 15-20%i costi nazionali dell’energia. Si ferma un progetto i cui costi dal 2005 erano già lievitati da 1,6 a 2,5 miliardi di euro e un cantiere di cinque anni, con circa tremila posti di lavoro in ballo, 400 aziende pronte ai lavori e 52 gare già indette per un valore di 1,8 miliardi di euro, oltre all’avveniristico progetto per la cattura dell’anidride carbonica, del valore di un miliardo di euro. Enel, si legge in una nota, valuterà le iniziative necessarie a ripristinare un percorso di agibilità del progetto a Porto Tolle o in altri siti italiani. Se necessario, a malincuore, si vedrà costretta a portare gli investimenti in altri Paesi interconnessi con l’Italia» . Dura la reazione del comitato dei lavoratori della centrale: «Una minoranza di comitati e associazioni detta i tempi di un’opera necessaria al Paese. Nel territorio c’è un coro che dice sì alla centrale, fatto di lavoratori, disoccupati e imprese che aspettano l’investimento per uscire dalla crisi» . «Preoccupazione e stupore» è lo stato d’animo espresso dal presidente di Confindustria Veneto, Andrea Tomat: «Il pronunciamento del Consiglio di Stato segue infatti di pochi giorni il blocco degli investimenti, decretato dal Tar del Veneto, per gli stabilimenti di Cementirossi di Fumane e di Italcementi a Monselice -dice -. Qual è lo spazio che viene lasciato alla politica industriale, se, ottenute le autorizzazioni, una qualsiasi associazione, un comitato di cittadini residenti in un’area possono trovare ascolto nei tribunali amministrativi, chiamati a pronunciarsi su questioni complesse e vitali, analizzando il più delle volte solo questioni di carattere formale?» Il presidente della Regione, Luca Zaia, invece, per ora prende atto e si adegua: «Il nostro scopo è operare in un quadro di assoluta trasparenza nel rispetto delle leggi -commenta -Per questo attendiamo di leggere le motivazioni di questa decisione e di procedere agli eventuali adeguamenti conseguenti, nella speranza ci siano margini di recupero del progetto, che consideriamo irrinunciabile per l’occupazione e il rilancio del territorio» . Sceglie altri toni l’assessore regionale Roberto Ciambetti: «Il blocco alla centrale di Porto Tolle mette a rischio la ripresa. Questa struttura potrebbe produrre da sola oltre il 30%del fabbisogno di energia in regione. Non lamentiamoci poi se le imprese licenziano o vanno all’estero» . Per gli ambientalisti, invece, la partita in gioco è un’altra: «È stata battuta la tesi dell’Enel secondo cui la centrale a carbone sarebbe meno inquinante di una equivalente centrale a gas -esulta Greenpeace -Il carbone non è compatibile con una zona fragile come il Delta del Po» . Per l’avvocato rodigino Matteo Ceruti, che ha curato il ricorso, ora la politica deve prendere posizione: «Non si possono risolvere tali questioni solo con i ricorsi giudiziari. Si doveva chiedere subito una centrale a metano, compatibile con la presenza del terminal gasiero» .

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